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Venerdì Santo, dopo molti anni torna la tradizione dei confratelli incappucciati come i penitenti

Venerdì 29 marzo prossimo, alle ore 21.00, dalla Chiesa Madre di Specchia, in Piazza del Popolo, guidata dal Parroco, Don Antonio Riva, prenderà avvio la Processione del Cristo morto e dell’Addolorata, un rito religioso dove sono protagoniste spiritualità e tradizione popolare, che evidenzia maggiormente il ricco patrimonio antropologico salentino. In questo rito liturgico, molto sentito dalla gente di Specchia, viene ricordata una delle tradizioni secolari, arrivata fino ai nostri giorni, risalente probabilmente al Medioevo.

La sera del venerdì santo, una partecipata processione, con gli iscritti alle associazioni religiose vestiti “in nigris” (in abiti neri), attraverserà il borgo antico e si snoderà per le strade principali della cittadina, con le due tradizionali e antiche confraternite specchiesi, che quest’ anno, riprendendo un’antica tradizione, parteciperanno al rito religioso con i confratelli con il cappuccio abbassato sul volto, lasciando solo due fori per gli occhi e nella mano una lanterna con la candela accesa all’interno. Nella processione del 29 marzo prossimo, quelli della Madonna Assunta in cielo, con una mantellina azzurra e tunica bianca, trasporteranno sulle spalle la statua del Cristo Morto, un’opera di pregevole fattura, realizzata nella prima metà del ‘900 dal leccese Giuseppe Manzo, detto il “Michelangelo della cartapesta”, visibile in un’urna durante il resto dell’anno nella navata sinistra della Chiesa Madre. Mentre i confratelli di S. Antonio da Padova, con mantellina nera e tunica rossa, li seguiranno a poca distanza con la statua della Madonna Addolorata, dal telaio in fasce di legno, il vestito e il mantello di seta nera ricamata in oro, che esprime nel volto un condensato di fede ed estasi, con negli occhi un’angoscia che non ha voce, non ha parole, ma solo dolore per la sofferenza della Passione del Figlio.

Al centro della processione, tra le due lunghe file laterali di consorelle e confratelli, precederanno le due statue, prenderanno posto quattro “penitenti”, anch’essi con il cappuccio abbassato sugli occhi e coperti in volto, a piedi nudi, vestiti con  l’abbigliamento della penitenza di biblica memoria, con un cordone annodato legato alla vita, da far pendere sul lato destro, senza far conoscere la propria identità ai numerosi fedeli che seguono o che aspettano il passaggio della processione lungo le strade di Specchia, ciascuno trasporterà sulle spalle una pesante croce in legno d’ulivo, percorreranno tutto il tragitto della processione per espiare i propri peccati o per manifestare pubblicamente il loro impegno di espiazione per i peccati del mondo e di pacificazione sociale.

Questi individui, in segreto, liberamente prendono contatto con anticipo il Priore della Confraternita interessata, per comunicare la propria volontà a ricoprire tale ruolo e poco prima di raggiungere la Chiesa Madre per prendere parte al rito religioso, a seconda dei casi, lontani da occhi indiscreti, nelle sacrestie della Chiesa di S. Domenico o della Madonna Assunta in Cielo, indossano la tunica con i colori della relativa Confraternita e il copricapo, con il colore rosso per la Confraternita di S. Antonio da Padova e bianco per quella della Madonna Assunta in Cielo, per emulare Gesù Cristo nel suo cammino verso il Golgota, rappresentando un momento del dolore della Passione.

Coloro che seguono o partecipano alla Processione, notato degli insoliti oggetti di legno nelle mani dei confratelli, che mossi a destra e sinistra emettono dei rumori secchi e lignei, prodotti dalla “Troccola”, localmente chiamato “trozzula”. Uno strumento ligneo su cui si percuote un ferro utilizzato per auspicare la resurrezione dei morti, suono prodotto da un asse di legno con due maniglie sulle due facciate che vengono fatte battere ruotando in due sensi lo strumento con la mano. Chi la suona è definito il troccolante. Il suono ricorda a tutti della morte di Gesù e che si doveva osservare il dovuto rispetto e silenzio.

La “trozzula”, come attestano molti sacerdoti, veniva usata al termine dell’Ufficio delle Tenebre (Officium tenebrarum), e ancora oggi evoca nelle radici storiche del Vangelo il fragore della terra su cui scesero le tenebre con la morte di Gesù, in quel buio che avvolge le Chiese, prima della luce della Resurrezione pasquale. Il venerdì santo era lutto per tutta la chiesa. Si legavano le campane e i campanelli, si chiudevano gli organi, tutto diventava muto e i loro suoni erano sostituiti da quello della trozzula.