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Il successo della birra italiana è minacciato dall’esplosione dei costi che colpisce tutta la filiera: +200% dell’energia

LECCE – Il successo della birra italiana è minacciato dall’esplosione dei costi che colpisce tutta la filiera con un balzo negli ultimi due anni che va dal +200% dell’energia al +45% per gli imballaggi al +40% per le bottiglie, mentre le lattine hanno segnato +10%, i tappi +22%, i fusti di plastica +23%, mentre i cambiamenti climatici nel 2022 hanno tagliato di 1/3 il raccolto dell’orzo per il malto. E’ quanto emerge dall’analisi della Coldiretti e del Consorzio di tutela e promozione della birra artigianale italiana in occasione della giornata nazionale della birra 100% Made in Italy con la preparazione dal vivo della popolare bevanda con la cotta in diretta di malto e luppolo nazionali a Palazzo Rospigliosi a Roma con il presidente della Coldiretti Ettore Prandini, delle Politiche agricole e della Sovranità alimentare e forestale Francesco Lollobrigida, il presidente del Consorzio di tutela e promozione della birra artigianale italiana Teo Musso.

Sono 180mila i pugliesi che consumano birra ogni giorno, pari al 4,6% – afferma Coldiretti Puglia – l’11% dei pugliesi la beve stagionalmente ed il 34% raramente, un andamento che ha fatto esplodere anche il fenomeno delle birre artigianali e di quelle agricole.

I microbirrifici in Puglia sono arrivati a quota 110, con le province di Bari e Lecce che guidano la classifica regionale delle aree dove l’attività birraria ha preso piede, con rispettivamente 42 e 31 aziende, seguite da Foggia con 17 birrifici, Taranto 15 e Brindisi 5. La nuova tendenza è la ‘birra agricola a Km0’, un prodotto sempre più ‘smart’ – aggiunge Coldiretti Puglia – inventato dalle aziende agricole pugliesi, che se la gioca bene sul fronte del gusto e dell’innovazione, come la birra al carciofo, la birra di grano ‘Cappelli’, la birra di fichi, piuttosto che la birra alla canapa.

Per questo è nato il Consorzio a tutela della birra artigianale Made in Italy che garantisce l’origine delle materie prime, dal luppolo all’orzo e la lavorazione artigianale contro la proliferazione di finte birre artigianali e l’omologazione dei grandi marchi mondiali.

Alle difficoltà di produzione si aggiunge, a causa dei costi dell’energia elettrica, anche la carenza sul mercato di anidride carbonica CO2 ad altissimo grado di purezza utilizzata per l’imbottigliamento. Per questo – affermano Coldiretti e Consorzio – il progetto presentato per il Pnrr prevede lo sviluppo di una tecnologia che permetterebbe il recupero dell’80%dell’anidride carbonica generata in fase di produzione della birra. Il forte incremento dei costi sta spingendo a riorientare la produzione di alcuni birrifici verso l’uso delle lattine piuttosto che bottiglie di vetro.

 

In questo scenario è necessario sostenere i piccoli produttori di birra artigianale italiana – affermano Coldiretti e il Consorzio – con la stabilizzazione del taglio delle accise per non mettere a rischio un’intera filiera di alta qualità del Made in Italy con effetti sulla produzione, i posti di lavoro e sui consumi. Fino ad ora i birrifici artigianali hanno assorbito quasi del tutto l’incremento dei costi che solo una piccolissima parte sta pesando sui prezzi al dettaglio. Ma se i costi non dovessero scendere – spiegano Coldiretti e il Consorzio – diverse aziende rischiano di chiudere definitivamente o di dover sospendere la produzione per almeno tentare di ridurre le perdite.

 

La costruzione di una filiera 100% Made in Italy per il luppolo, l’orzo e il malto come quella sostenuta da Coldiretti e Consorzio di tutela è quindi strategica per garantire da un lato l’alta qualità delle materie prime da usare e dall’altro le quantità necessarie alla produzione con investimenti in ricerca, macchinari, varietà coltivate creando un rapporto più solido tra i produttori di birra ed i coltivatori di orzo, luppolo e altre materie prime complementari. Fondamentale per la filiera della birra dal campo alla tavola è anche il sistema nazionale di invasi proposto dalla Coldiretti per conservare l’acqua quando è abbondante o addirittura troppa e la possa poi redistribuire ai campi e agli agricoltori nei periodi di maggiore siccità come quello appena affrontato la scorsa estate.