LECCE – Il Castello Carlo V a Lecce riapre le sue porte al pubblico disvelando i suoi meandri e i suoi segreti, i suoi angoli nascosti e i suoi spazi aperti, gettando una luce sulle storie dei prigionieri rinchiusi nelle sue segrete così come sulle sue origini e sulle consuetudini di chi, secoli orsono, percorse quei corridoi, quei gradini, quelle stanze, talora lasciando tracce nella storia, talora senza lasciare dietro di sé alcuna testimonianza.
Il visitatore ha modo di sperimentare e apprezzare un luogo vivo, che ha ancora molto da raccontare, basta saper ascoltare, osservare, sentire, cogliere il senso della storia che si è dipanata nel maniero attraverso i secoli.
Un’esperienza sensoriale resa possibile anche grazie alla gestione integrata Soprintendenza ABAP Lecce – Associazione Swap Museum, con voci guida, luci che richiamano l’attenzione in punti specifici degli spazi, la possibilità di fruire di un docufilm che racconta i passaggi salienti della vita del Castello attraverso la voce dell’architetto Gian Giacomo Dell’Acaja – cui fu affidato l’incarico da Carlo V di realizzare la nuova fortezza al posto del vecchio baluardo di origine medievale – interpretato da un superbo Ivano Marescotti. Il suo straordinario ingegno non lo salvò: l’architetto finì i suoi giorni, ironia della sorte, proprio nelle segrete del “suo” castello, per una questione di debiti.
Dopo l’esperienza dello scorso anno tornano nel weekend, infatti, le aperture al pubblico, fino al 22 aprile, con possibilità di sperimentare diversi percorsi, a seconda degli orari (le fasce sono 10-13; 16-19). I gruppi, su prenotazione (info: cell. 335 7009614), potranno accedere anche nel corso della settimana. L’ingresso prevede il noleggio di un tablet al prezzo irrisorio di 3 euro, che consente un accesso multimediale ma senza che la tecnologia risulti invadente o superflua.
Alla base di tale progetto la concezione – illustrata in mattinata dalla soprintendente Maria Picarreta – che il bene culturale, lungi dall’essere un contenitore da riempire, sia, invece, un “luogo da ascoltare“, in grado di raccontare, parlare, al di là delle valutazioni economiche, che pure sono necessarie, ma senza che si senta sempre l’esigenza di monetizzare e banalizzare la cultura. “La nostra missione istituzionale – ha poi spiegato – è che i beni camminino sulle loro gambe”, con la loro storia millenaria a fare da guida. Slegati dall’intraprendenza e dall’iniziativa dei singoli, che è opportuna, ma in una visione consapevole, lungimirante e articolata.
In occasione della conferenza stampa, ai giornalisti presenti è stata o offerta la straordinaria possibilità di visionare il docufilm e visitare le prigioni e la cappella di Santa Barbara.
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